Fuori piove, è grigio e umido.
Dopo una sana dormita ho acceso il pc, così perché non avevo voglia di fare niente. Anzi no, avevo voglia di farmi leggere delle storie come quando da piccola lo faceva la mamma o la nonna. Avevo voglia di farmi coccolare da una voce come se fossi ancora una bambina.
Nella rete trovi tutto e trovi anche chi ti legge qualcosa: il Collettivovoci.
Ho ascoltato per un po' e poi ho deciso di leggere anche io qualcosa, ho registrato e ho spedito. E mentre sorridevo di questa cosa mi è tornato in mente un personaggio che leggeva ad alta voce.
Non ne ricordo il nome, forse non l'ho mai saputo. Era uno di quei personaggi che frequentava il bar in cui lavoravo. Ma non il solito avventore, no: quel bar era frequentato da tutti i dereletti, i barboni, le ex puttane, i pazzi di Padova. E io li adoravo perché tutti avevano una grande storia da raccontare.
"Il professore" (così lo chiamavamo) aveva una folta barba bianca e arrivava la mattina presto. Aspettava che finissi di sistemare tutte le sedie passeggiando su e giù con un libro in mano. E leggeva ad alta voce. Poi entrava, chiedeva un cappuccino, usciva, si sedeva nell'angolo più lontano e mentre beveva il cappuccino continuava a leggere.
Poi si alzava, metteva a posto la sedia, raccoglieva la tazza, me la riportava e "buongiorno!", usciva e ricominciava a leggere e a camminare su e giù.
E noi lì tutti ad ascoltare e a non capire.
Un giorno mi sono avvicinata, non troppo perché "il professore" manteneva le distanze, ma quel tanto che mi permettesse di leggere il titolo del libro.
La copertina era consunta, le lettere avevano ormai il colore del tessuto, ma ho capito di cosa si trattava: "il professore" leggeva Shackespeare, in inglese.
Ripensando al "professore" mi è venuta voglia di leggere ad alta voce (o a voce alta, come dice qualcuno), camminando su e giù.
1 commento:
I bar sono grandi crocevia di storie!
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