26 febbraio 2007

Fatti mandare dalla mamma

Da un po' di tempo covavo un desiderio che nasceva dai ricordi della mia infanzia. Da piccola vivevo in aperta campagna, spesso andavo a trovare una zia che aveva qualche mucca e che, per farmi piacere, ne mungeva una davanti ai miei occhi. Io stavo lì, in fremente attesa a guardare il liquido zampillare nel secchio fumante pregustando l'ambito premio. Non c'erano mungitrici sterili, bidoni ermetici, ma solo le mani della zia, il secchio di zinco e la coda sventolante della mucca. Appena il secchio era pieno mi avvicinavo con il mio mestolo e, dribblando le pagliuzze e le mosche bevevo il latte ancora caldo.
Sarà che sto invecchiando ma la voglia di riprovare quell'esperienza diventava sempre più forte e insistente, fino a mercoledi.
Mercoledi mattina ricevo un messaggio: "ho il latte appena munto". Mio padre me ne aveva preso 2 litri da un contadino. Non vedevo l'ora che arrivassero le 20.00, la fine del turno, per correre dai miei e portarmi a casa "l'oro bianco"!
Giovedi ho fatto colazione, scendeva denso, opaco, profumato dalla bottiglia. Ne ho versata una tazza sui cereali come al solito. Abituata al surrogato di latte in tetrapack non ho calcolato la densità e il peso specifico della quasi dimenticata materia. Dopo 5 minuti mi sembrava di avere nello stomaco il cenone di Natale e quello di Capodanno insieme: un senso di pienezza si era impadronito di me. Sono rimasta sazia fino all'ora della merenda!
Dopo un paio di giorni, ripetendo gesti antichi, ho fatto bollire il mio latte per farlo durare più a lungo rubando di continuo la panna che si formava sulla superficie.
La casa si è riempita di un delizioso odore di latte caldo misto ad un certo che di bestiale, di animalesco. L'essenza del latte vaccino.
Sono ripiombata indietro nel tempo, mi è quasi spuntata una lacrima.

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